Aids: i ragazzi non lo temono, lo sfidano!

La certezza che in occidente non si possa più morire di Aids porta i giovani non solo a non temerlo, ma addirittura a sfidarlo. Il contagio si moltiplica esponenzialmente, a seguito di abitudini sessuali pericolose reiterate dai ragazzi, in netto contrasto con i progressi che la scienza e la medicina compiono in questa direzione.

Il preservativo costa, io non lo uso”, o “Se prendo l’Hiv pazienza, tanto non si muore più”: questi sono solo alcuni dei commenti di giovani a cui è stato chiesto cosa ne pensassero della questione Aids e dell’uso del preservativo – che sappiamo essere l’unico contraccettivo di barriera in grado di proteggerci dal contrarre Malattie a Trasmissione Sessuale.

Luca ad esempio, 19 anni, non teme il virus e non si è mai sottoposto ad un test per verificare se fosse positivo all’Hiv. Adesso è single, ma frequenta gente e gli capita di consumare rapporti sessuali occasionali.
Come Luca, sono moltissimi, i cosiddetti Millenials (ragazzi nati tra il 1980 ed il 2000), a vederla allo stesso modo: è la generazione più a contatto con la tecnologia, la più istruita, che conosce le lingue e viaggia per il mondo, ma è la stessa generazione di ragazzi che considera ancora questo tema come difficile e scottante da affrontare.

Valentina, una ragazza di 15 anni, afferma di fare sesso sempre senza preservativo perchè tanto “prendo la pillola”, che sappiamo non ha nulla a che fare con il virus Hiv. L’unico scopo è non restare incinta a quanto pare.

Valerio a 20 ha scoperto di essere affetto da hiv. Adesso ha 24 anni e la sua vita è cambiata radicalmente, ma lui ha considerato la malattia come un incidente: “È stato il mio ragazzo. Mi tradiva e quando l’ho scoperto ci siamo lasciati e ho deciso di fare le analisi generali scoprendo di essere positivo. I miei genitori non capivano, erano fermi agli anni 90 quando di Aids si moriva. Adesso cerco di istruirli”.

Paolo stava per partire in Brasile grazie ad una borsa di studio ricevuta a 23 anni quando la diagnosi della malattia gli ha cambiato la vita. “Non me lo aspettavo, usavo quasi sempre il preservativo”. Dopo la scoperta è rimasto in Italia: “Essere positivi all’Hiv mi ha dato una vita nuova. È cambiata la prospettiva, il modo in cui guardo le persone attorno a me. Presentarsi a qualcuno come sieropositivo equivale a fare coming out una seconda volta”. Paolo ha fatto della sofferenza iniziale la capacità di reagire; è diventato, infatti, attivista di Plus – associazione che riunisce persone gay e sieropositive. “L’ho fatto pensando a chi è meno fortunato di me: ho contratto il virus in un’epoca in cui la malattia non equivale a una sentenza. In una città come Bologna, poi, dove c’è apertura nei confronti della comunità lgbt. E infine, in una famiglia che ha reagito con lucidità: mia madre mi disse che se avessi avuto il diabete sarebbe stato molto peggio. Capisci?, non tutti hanno questa fortuna”.

Al contrario Francesco, 24 anni, non ha comunicato ancora alla sua famiglia di essere sieropositivo da due anni: “A stento accettano il fatto che io sia gay, figuriamoci l’Aids che nel loro immaginario resterà sempre la maledizione degli anni ottanta”. Francesco ha ricevuto la notizia proprio nella giornata mondiale contro l’Aids, il primo dicembre, in seguito al test di routine.

I dati forniti dal Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità parlano chiaro: si registra un incremento delle persone omosessuali affette da Hiv; la trasmissione avviene molto più per via sessuale che endovenosa. Non vengono adoperate le giuste precauzioni e ci si basa sul principio dell’esteticamente affidabile. “Non mi sembrava un tipo da Hiv”, si sentono dire anche questo i volontari dei circoli di Cultura Omosessuale.
Altri, rifiutano consapevolmente di fare sesso senza il preservativo perchè ritenuto più eccitante.
Non si pensa alle conseguenze di certi gesti, anzi, a volte si sfida la sorte – sapendo già dove si approda. Una nuova moda d’oltreoceano affascina sempre più giovani, il suo nome è chem-sex ovvero fare sesso da “sballati”. Ci si incontra in case di persone sconosciute e si fa sesso non protetto sotto l’effetto di sostanze.
Emiliano ha 26 anni ed è un tipo avvezzo a frequentare festini di questo tipo e racconta “ Una volta mi ritrovai in un festino con 7 gay e una donna etero. Lei guardava e si sballava. I preservativi di solito sono sempre ben visibili sul tavolo, accanto a droga come cocaina, Ghb, Md, Ecstasy liquida. Ma i condom restano dei soprammobili, perché quando la droga entra in circolo si ha un senso di invincibilità e non si è coscienti di correre il rischio. E se lo sei comunque ti eccita. Quando sale l’effetto non hai la lucidità per aprire un preservativo e mettertelo”.

Un’altra pratica estrema è il bugchasing, cioè avere rapporti sessuali non protetti con persone sieropositive e disposte a trasmettere il virus.

Ci assicurano che non è poi così in voga al giorno d’oggi. Chi è sieropositivo si sottopone a terapie anti-retrovirali che quindi difficilmente lo rendono contagioso.
Gaetano, 25enne, afferma di essere molto più attratto ed affascinato dalla pratica del bareback, che tradotto vuol dire “montare a cavallo senza la sella”: si fanno orge e sesso senza preservativo “è più divertente, quando lo fai ti senti libero. Le malattie? non ci penso, si vive una volta sola!”.